Un viaggio attraverso la storia del rilievo architettonico[1] svela una narrativa ricca e affascinante.
La pratica del rilievo architettonico ha radici profonde che si estendono nel corso dei secoli, richiedendo la preventiva messa a punto d’unità di misura condivise, di strumentazioni specifiche (corda graduata, archipendolo, filo a piombo, traguardo, groma, regolo, canna ecc.), nonché di tecniche idonee alla misurazione di terreni o d’edifici e di sistemi convenzionali per la loro restituzione grafica sul piano.
Questo periodico processo di raffinamento ha contribuito a plasmare la metodologia di rilevamento architettonico nel corso del tempo, rendendo evidente la necessità di strumenti e procedure accuratamente calibrati per garantire la precisione e la coerenza dei risultati.
Tali condizioni, nelle loro prime forme embrionali, trovano definizione già in epoca mesopotamica e si sviluppano ulteriormente in Egitto, dove dal III secolo a.C. si introduce l’utilizzo del disegno in scala per la redazione di catasti dei terreni. Questo segna un punto cruciale in cui il rilievo architettonico non solo documenta le caratteristiche spaziali degli edifici ma si estende anche alla rappresentazione accurata delle proprietà terriere, evidenziando la crescente complessità e ampiezza del campo di applicazione di questa disciplina. La pratica del disegno in scala per la redazione dei catasti dei terreni rivela una consapevolezza sempre più profonda dell’importanza del rilievo architettonico nelle attività di pianificazione e gestione del territorio.
Le metodiche di misurazione su base geometrica trovano un terreno fertile in Grecia, ma è a Roma che si giunge a una vera e propria specializzazione del disegno di rilievo fra il II secolo a.C. e il I secolo d.C.[2]
Questo periodo segna un notevole progresso nella disciplina, con l’affinamento delle tecniche e l’approfondimento della comprensione geometrica necessaria per una rappresentazione accurata.
Dalla seconda metà del I secolo a.C., le terre conquistate dai Romani diventano oggetto di campagne di rilevamento, probabilmente guidate da restituzioni disegnate su pergamena. L’utilizzo di compassi, squadre e righe graduate testimonia l’attenzione meticolosa alla precisione nelle misurazioni. Questo periodo di intensa attività di rilevamento riflette l’espansione dell’Impero Romano e la necessità di documentare in modo accurato le nuove acquisizioni territoriali.
A partire dal II secolo d.C., l’attenzione si estende anche al tessuto urbano della capitale romana. Fra il 203 e il 211, viene compiuto un passo significativo nella documentazione urbana mediante l’incisione delle lastre marmoree che compongono la celebre Forma Urbis Romae.
Questo monumentale sforzo di rilevamento rivela non solo la scala di dettaglio raggiunta nelle rappresentazioni ma anche strategico per catturare le caratteristiche architettoniche e urbane per scopi amministrativi.
La precisione geometrica distintiva della restituzione di rilievo romana cede il passo, nel medioevo, a forme di rappresentazione simboliche. In questo periodo, l’attenzione alla precisione geometrica delle misurazioni lascia spazio a una rappresentazione più simbolica e idealizzata. Ciò è particolarmente evidente nelle illustrazioni che privilegiano l’evocazione di città sacre e globi terrestri idealizzati.
Durante il medioevo, le rappresentazioni architettoniche si spostano dalla precisione geometrica delle planimetrie romane a una modalità più simbolica, dove la funzione descrittiva cede il passo all’aspetto evocativo.
Le città sono spesso raffigurate in modo idealizzato, con una maggiore enfasi sugli elementi simbolici e spirituali piuttosto che sull’ accuratezza topografica.
Globi terrestri diventano veicoli per rappresentazioni simboliche del mondo con una dimensione più astratta. Questa transizione riflette un cambiamento nella percezione e nell’approccio al rilievo architettonico durante il medioevo, dove il contesto spirituale e simbolico assume un ruolo predominante rispetto alla registrazione dettagliata delle caratteristiche fisiche.
Nonostante la prevalenza delle rappresentazioni simboliche nel medioevo, criteri di restituzione grafica realistici persistono in alcune planimetrie, come evidenziato nel complesso benedettino di San Gallo, in Svizzera, datato al 829 d.C.
La “pianta di San Gallo”[3] è un esempio notevole che testimonia la continuità di una prospettiva più realistica nel rilievo architettonico anche in periodi in cui prevalevano rappresentazioni più simboliche.
Il periodo tra l’VIII e il X secolo è caratterizzato da un notevole progresso negli studi matematici e geometrici, stimolati in gran parte dalla cultura islamica. L’influenza della matematica e della geometria islamiche si riflette non solo nei criteri di rilevamento architettonico ma anche negli strumenti utilizzati per il traguardo. Questo periodo di fervente attività intellettuale contribuisce a progredire la precisione e la metodologia del rilievo.
Tra il Due e il Trecento, si assiste a una rinascita nel rilievo architettonico. Cartografie terrestri e nautiche diventano più aggiornate e analitiche, integrando miniature con illustrazioni dettagliate di fabbriche e cantieri. Questo periodo segna l’inizio di rappresentazioni in scala dell’architettura, aprendo la strada a un nuovo indirizzo nel rilievo architettonico. La mole consistente di documenti testimonia l’entusiasmo e l’impegno dedicati a catturare con precisione le caratteristiche delle costruzioni e degli ambienti circostanti.
Il Rinascimento italiano segna una fase cruciale nella storia del rilievo architettonico, in cui questa disciplina diventa uno dei principali strumenti di ricerca in campo architettonico. Gli architetti rinascimentali utilizzano il rilievo come fondamentale fonte di ispirazione, attingendo a un repertorio figurativo e tipologico indispensabile per una progettazione ‘alla maniera degli antichi’. Questa intenzione, dominante rispetto alle richieste dello studio oggettivo e della documentazione delle fabbriche, condiziona i criteri e le logiche restitutive dell’epoca. Nel Rinascimento, l’edificio antico viene spesso rappresentato ‘spogliato’ delle trasformazioni più tarde, opportunamente reintegrato in un disegno unitario. Un esempio eloquente di
questa pratica è la restituzione di Giuliano di Sangallo del Tempio di Augusto a Pozzuoli.
Allo stesso modo, le rappresentazioni si concentrano su dettagli decorativi o porzioni significative, arricchite da misure e commenti, come nel caso della Domus Aurea a Roma[4].
Il Quattrocento al Cinquecento è un periodo in cui si osserva un progressivo raffinamento della metodica di rilievo. Pittori, architetti e ingegneri di spicco del XV-XVI secolo partecipano più o meno direttamente a questo processo, contribuendo con ricerche legate alla rappresentazione prospettica e ai metodi di misurazione.
All’inizio del Seicento si introduce il sistema per l’‘intersezione semplice in avanti[5] e si perfeziona la strumentazione, migliorando l’uso del quadrante geometrico e introducendo strumenti come la bussola topografica, lo squadro agrimensorio e il teodolite. La pratica descrittiva della fabbrica viene consolidata attraverso restituzioni in pianta, prospetto e sezione[6].
Il Settecento segna una svolta significativa nel campo del rilievo architettonico con lo sviluppo delle discipline analitiche dell’architettura e dell’archeologia.
Nel corso di questo secolo, emerge una nuova sensibilità nei confronti dello studio delle preesistenze, portando a modificare gli obiettivi e le logiche del rilevamento architettonico.
Durante il Settecento, l’attenzione si sposta dalla mera raccolta di repertori figurativi , amplificata dalla pratica del Grand Tour, ad un nuovo tipo di rilievo, principalmente finalizzato al censimento e allo studio oggettivo dei monumenti e dei resti archeologici italiani e del Mediterraneo. Le discipline analitiche dell’architettura e dell’archeologia diventano sempre più raffinate, permettendo una comprensione più approfondita delle preesistenze architettoniche. L’obiettivo non è solo rappresentare gli edifici, ma anche analizzarli in modo critico e scientifico. Questa evoluzione contribuisce a trasformare
il rilievo architettonico da una pratica orientata principalmente alla progettazione a un mezzo per la documentazione e la preservazione del patrimonio architettonico[7].
Nel Settecento, si assiste a un’espansione senza precedenti nell’approccio artistico al rilievo architettonico. Piante, prospetti, sezioni di edifici, spaccati assonometrici o prospettici, dettagli costruttivi e decorativi vengono rappresentati con una grande efficacia illustrativa e immaginifica.
Giovan Battista Piranesi, celebre incisore e architetto italiano, è uno degli esponenti di spicco di questa epoca. La sua abilità nel creare incisioni di edifici, specialmente quelli di epoca romana, è straordinaria. Le sue rappresentazioni, caratterizzate da una prospettiva audace e da dettagli intricati, trasmettono un senso di grandezza e maestosità architettonica.
I fratelli Adam, altrettanto influenti, contribuiscono al panorama artistico del rilievo architettonico con la loro esplorazione di stili decorativi. La loro attenzione ai dettagli e la capacità di catturare l’eleganza e la complessità degli elementi decorativi hanno lasciato un’impronta duratura.
Marianna Candidi Dionigi, con la sua raffinata attenzione antiquaria, offre uno sguardo distintivo al rilievo architettonico. La sua rappresentazione dettagliata degli edifici antichi con una sensibilità antiquaria ha contribuito a consolidare il legame tra il rilievo architettonico e la storia del patrimonio.[8]
Questi artisti, con le loro opere, non solo arricchiscono l’aspetto estetico del rilievo architettonico, ma contribuiscono anche a preservare la memoria degli edifici e a trasmettere un’immagine verosimile dell’oggetto rappresentato.
Nella prima metà dell’Ottocento, il rilievo architettonico sperimenta una trasformazione sostanziale, applicando uno spirito scientifico e codificando metodi condivisi di lavoro. Questo periodo vede l’introduzione e lo sviluppo di strumenti avanzati, come il tacheometro, e la produzione dei primi strumenti calibrati industrialmente.
Il rilievo, che inizialmente fungeva da strumento di studio e divulgazione, evolve per diventare una pratica comune nel contesto lavorativo, soprattutto in relazione a progetti di restauro.[9] Gli avanzamenti tecnologici e metodologici contribuiscono a elevare l’attendibilità del rilievo architettonico, rendendolo una risorsa indispensabile per la conservazione del patrimonio.
L’introduzione sistematica delle proiezioni di Gaspard Monge[10], insieme a convenzioni iconografiche e simboliche condivise, segna un altro passo cruciale. In molti paesi europei, l’adozione del sistema metrico decimale[11] diventa un pilastro fondamentale nella strutturazione del disegno di rilievo.
Tuttavia, nonostante questi progressi, la prima metà del XIX secolo presenta notevoli sfide. L’attendibilità documentaria del rilievo architettonico è ancora condizionata da alcune “scorciatoie” restitutive. Queste scorciatoie possono includere la regolarizzazione speculare della fabbrica, spesso subordinata al gusto neoclassico, o l’intenzione di correggere l’immagine reale degli edifici per ricondurli a un presunto assetto originario.
Esempi noti di queste pratiche sono evidenti nelle opere di Luigi Canina e Paul-Marie Letarouilly.
Nonostante queste sfide, l’Ottocento rappresenta un periodo cruciale di sviluppo nel rilievo architettonico, gettando le basi per approcci più accurati e scientifici nel secolo successivo.
Nella seconda metà dell’Ottocento, si assiste a un cambiamento significativo nell’approccio al rilievo architettonico. La comprensione della singolarità costruttiva di ogni fabbrica storica diventa il fulcro, favorendo l’elaborazione di rappresentazioni più fedeli e meticolose. Questa fase si caratterizza per un’attenzione particolare alle deformazioni e alle stratificazioni costruttive, un salto qualitativo evidente nelle opere di importanti rilevatori.
A Roma, Giovan Battista Giovenale contribuisce allo sviluppo di questo modello. La sua opera, incentrata sulla meticolosa rappresentazione delle deformazioni e delle stratificazioni costruttive, si distingue per la sua fedeltà alla realtà architettonica.
Questi rilevatori del periodo ottocentesco delineano un modello che verrà ampiamente utilizzato nel Novecento. La loro influenza si estende attraverso le generazioni, poiché il rilievo architettonico evolve in una disciplina più specializzata e accurata.
[1]Docci M., Maestri D., Il rilevamento architettonico: storia, metodi e disegno, Roma-Bari, 1992.
[2] La figura del gromatico, cioè colui che utilizzava la groma un antico strumento di derivazione etrusca per la misurazione agraria, si specializza e diviene mensor o agrimensor legionis. Per un approfondimento vedi http://www.iststudiatell.org/p_isa/NE/gromatici_veteres.pdf
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Pianta_di_San_Gallo
[4] Per un approfondimento si veda Cammy Brothers, Giuliano da Sangallo and the Ruines of Rome, Princeton University Press 2022.
[5] Conosciuto anche come problema di Snellius-Pothenot
[6] Per un approfondimento si veda Donatella Fiorani, Rilievo (Storia) https://www.teknoring.com/wikitecnica/storia/rilievo-storia/
[7] Per un approfondimento si veda P. Giandebiaggi, Rilievo 4.0: la sfida della complessità
[8] Ad esempio il Prospetto di Porta San Pietro ad Alatri
[9] Per un approfondimento si veda Eugene Emmanuel Viollet Le Douc
[10] Il padre della geometria descrittiva moderna e del metodo delle doppie proiezioni ortogonali.
[11] https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_internazionale_di_unit%C3%A0_di_misura